Progetto

Il progetto ‘nDonnamo? affronta il tema della visibilità e ruolo delle donne del nostro Paese attraverso percorsi urbani interattivi. Ciascun percorso è tematico e immersivo, permettendo al pubblico di celebrare le figure femminili e acquisire consapevolezza su tematiche sociali. 

Vieni a scoprire con noi le donne che sono state protagoniste della storia e della cultura a cui non è (ancora) stata intitolata una via, un parco o una piazza a Roma!

 

Il percorso ‘Donne nello sport’ sottolinea gli sforzi fatti e i traguardi raggiunti dalle donne pioniere nelle varie discipline sportive. Le discriminazioni tra uomini e donne nel mondo dello sport, infatti, sono ancora forti e radicate, spaziando dalla disparità salariale alla persistenza di stereotipi di genere. Questi vogliono sminuire i risultati raggiunti dalle donne e promuovere l’idea che lo sport sia un’attività ‘virilizzante’ e quindi dannosa per il corpo femminile. 

In epoca moderna, la partecipazione ufficiale delle donne nelle varie discipline sportive è cominciata nella prima metà del ‘900. Alcune donne  riuscirono a partecipare in maniera non ufficiale a gare di tennis, croquet, golf e vela alle Olimpiadi di Parigi nel 1900. Tra i partecipanti, oltre 600 uomini, comparvero solo un paio di donne. Nel 1921, a Montecarlo, si tennero, invece,  i primi mondiali femminili. Atlete provenienti da Francia, Inghilterra, Italia, Norvegia e Svizzera si affrontarono in varie discipline tra cui corsa, staffetta, gara ad ostacoli, salto in alto, salto in lungo, lancio del giavellotto e getto del peso. Ci fu anche una partita di pallacanestro dove l’Inghilterra vinse la squadra francese Femina Sports per 8-7. La partecipazione delle donne ai Giochi aumentò con le Olimpiadi di Amsterdam del 1928, quando le donne furono ammesse alle gare di atletica. Si è dovuto, però, attendere i Giochi di Londra del 2012 affinché le donne potessero partecipare come atlete in tutte le discipline. Per quanto riguarda il numero di donne partecipanti alle Olimpiadi, la svolta invece avvenne ai Giochi del Messico del 1968 dove, su 7200 atleti ben 845 erano donne. Negli anni a seguire la presenza delle donne ha continuato ad aumentare: le atlete erano poco più del 23% a Los Angeles nel 1984, il 45% a Rio 2016.  

Nonostante il raggiungimento di importanti traguardi, in Italia il riconoscimento delle sportive come professioniste è una conquista recente in alcuni sport (come il calcio), ed un obiettivo ancora lontano nelle altre discipline . Solo dal 1° luglio 2022, infatti, le calciatrici militanti in serie A sono diventate professioniste a norma di legge, acquisendo tutte le tutele che ne conseguono. Tuttavia, continuano ad esserci consistenti disparità salariali tra sportivi e sportive. Secondo l’Agi, fino a pochi anni fa una calciatrice non poteva ricevere un compenso superiore a circa 30mila euro lordi a stagione e oggi la media annua nella massima serie si attesta ancora intorno ai 15mila euro, ben distante dagli stipendi della controparte maschile. Le ricompense per le vittorie sono un altro campo in cui si palesano grandi disparità. La vittoria della Champions League frutta ad un club maschile 4,5 milioni di euro, mentre ad un club femminile 250 mila euro. La vittoria del Campionato mondiale maschile di calcio nel 2022 prevedeva un montepremi di 440 milioni di dollari, mentre per le donne, ai Mondiali francesi del 2019, appena 30 milioni. Al contrario, il tennis rappresenta un esempio più virtuoso. Nel 1968 la disciplina fu resa completamente professionistica anche per le donne e tutti gli Slam stabilirono  gradualmente un uguale montepremi sia per il torneo maschile che femminile. L’ultimo a conformarsi è stato Wimbledon nel 2000.

Negli ultimi 3 anni, però, anche i ricavi generati dagli sport femminili sono aumentati del 300% arrivando a 1,28 miliardi di dollari (circa 1,19 miliardi di euro). Il gap con i ricavi degli sport maschili è ancora consistente, ma l’aumento di interesse verso gli sport femminili potrebbe contribuire ad un ulteriore rapido incremento. Inoltre, secondo i dati Istat , il 19,6% delle donne del nostro Paese svolge attività fisica in maniera costante, in particolare fra gli 11 e i 25 anni, e i numeri sono in constante crescita. Sempre più donne inoltre raggiungono livelli di eccellenza nelle discipline più disparate.

L’obiettivo del percorso è dunque promuovere e celebrare le figure femminili che sono state pioniere nella loro disciplina, a cui ancora non è stata intitolata una via, un parco o una piazza a Roma e in Italia. Il percorso consiste in 7 tappe che si sviluppano nel quartiere di Roma 70. Ad ogni tappa corrisponde una targa che racconta in breve la loro biografia.

La storia della cultura scientifica è stata profondamente influenzata nei secoli da tantissime donne provenienti da tutto il mondo che si sono distinte nei rispettivi campi di studio. Tra le scienziate italiane, si annovera, ad esempio, la prima donna a laurearsi in matematica all’Università di Pisa, l’inventrice della tecnica radiografica antenata della TAC e la fisica della luce che fermò i nazisti. All’interno del percorso trovano spazio anche tre storie di scienziate internazionali: la prima donna a ottenere una cattedra universitaria nel Nord Europa, la virologa che ha contribuito alla scoperta del vaccino contro la polio e la pioniera nella scienza aerospaziale e nell’informatica alla NASA.

Il percorso Donne nel mondo della Scienza permetterà di conoscere e celebrare le figure femminili che hanno cambiato la cultura scientifica nei secoli. Lo faremo con un obiettivo: contribuire a colmare il divario di genere nell’ambito delle materie STEM (acronimo inglese per Science, Technology, Engineering and Mathematics) che, ancora oggi, è estremamente ampio. In passato, la ridotta presenza di iscritte alle facoltà universitarie scientifiche è derivata in larga parte dalla difficoltà a riconoscere le potenzialità femminili e dal diffuso pregiudizio che le materie scientifiche non siano “alla portata” delle donne. Si tratta di stereotipi che ancora oggi contribuiscono a creare barriere alle giovani studentesse influenzando negativamente i loro percorsi di crescita culturale e le loro opportunità economiche e sociali.

Tra le ragazze laureate in materie STEM infatti, seppur con votazioni più alte rispetto ai colleghi, il tasso di occupazione a un anno dalla fine degli studi è inferiore (l’89% contro il 92% dei maschi), mentre dopo 5 anni la forbice si allarga ulteriormente (l’84% contro il 91%).

Eppure la scienza è sempre stata un lavoro per donne! 

Vieni a scoprirlo con noi.

INIZIAMO!